Il dualismo onda /corpuscolo

L'effetto Compton

Secondo la teoria elettromagnetica classica, quando un raggio di luce (o un raggio X) colpisce gli atomi di un bersaglio (come un sottile reticolo cristallino), la luce viene diffusa in tutte le direzioni , ma la sua frequenza non cambia. Soltanto l'assorbimento di luce di una determinata frequenza da parte di un atomo può essere seguito da una riemissione di luce di un'altra frequenza; ma se l'onda è semplicemente diffusa, allora la teoria classica non prevede alcuna variazione di frequenza.

Secondo la teoria dei quanti, invece, la luce è formata di fotoni di energia  

E = h

cui, per la teoria della relatività ( in particolare da E=mc2), può essere associata una quantità di moto (classicamente p=mv

espressa da                                 p = hn/c = h/l

Il fotone dovrebbe quindi comportarsi, nell'urto con un elettrone, come una palla da biliardo, e avere dopo l'urto un'energia diversa da quella iniziale, e quindi una frequenza inferiore, dipendente dall'angolo di diffusione (scattering).

Per il fotone dovrebbero valere, nell'urto, le leggi di conservazione dell'energia e della quantità di moto.

E' questo esattamente il fenomeno previsto e osservato da Compton nel 1923. Egli riuscì a misurare la lunghezza d'onda dei raggi X incidenti e di quelli diffusi e riuscì a misurare il cambiamento della quantità di moto dei fotoni dopo l'urto. L'effetto studiato da Compton (che gli valse nel 1927 il premio Nobel), fornì un'ulteriore conferma che la radiazione può esibire un comportamento particellare, anche se ovviamente si tratta di particelle con massa a riposo nulla e che viaggiano nel vuoto a velocità della luce.

Arthur H.Compton   (1892 - 1962)

 Il fotone è dunque un'onda o una particella?

A questa domanda si può rispondere soltanto così: "Può comportarsi in un modo o nell'altro a seconda del fenomeno di cui ci stiamo occupando"

 


Le onde di De Broglie

 

 

Quasi contemporaneamente (1923) Louis de Broglie esplorò l'ipotesi che anche le particelle (cioè corpi aventi massa a riposo maggiore di zero) potessero esibire comportamenti di tipo ondulatorio.  In tal caso essi dovrebbero avere una lunghezza d'onda data dalla stessa relazione che lega la quantità di moto di un fotone e la sua lunghezza d'onda: 

                        l = h/p = h/mv

 (un elettrone accelerato da una d.d.p. di 100 Volt avrebbe una  lunghezza d'onda    l ¿ 10-10 m )

 

 

 

 

 

 

 Louis De Broglie   (1892 - 1987)

 

L'ipotesi fu convalidata dagli esperimenti di Davisson e Germer nello stesso anno e, più tardi, nel 1927, da analoghi esperimenti di G.P. Thomson (figlio di colui che 28 anni prima aveva dimostrato la natura particellare degli elettroni!).

 La prova del comportamento ondulatorio degli elettroni la si ottenne verificando la diffrazione degli elettroni attraverso sottili strati cristallini e determinando di conseguenza la lunghezza d'onda degli elettroni.

Ecco a confronto le figure di diffrazione, attraverso un sottile foglio di alluminio, di un fascio di raggi X (a sinistra ) e di un fascio di elettroni (a destra):